Tracce di Luce
Una donna, col cappello, di spalle.
Davanti a lei, la bacheca delle guerisons di Lourdes.
Non si vede il suo volto.
Le immagini di coloro che hanno ricevuto una grazia in un certo senso la sovrastano.
Non si conosce la sua espressione, non si può escludere che sia di scetticismo, come di intima commozione, ma di certo, un motivo, l’ha spinta lì a Lourdes.
Lourdes sembrerebbe quindi il luogo della narrazione. Il luogo universalmente riconosciuto, dove si trascinano con la fede, o con “l’ineliminabile follia della fede”, le più intime speranze di ragioni invisibili, che attengono al dominio dell’incredibile, dell’universale, del divino.
Lourdes è l’estremizzazione di ogni desiderio, una soglia, una porta.
Tuttavia il racconto non comincia qui. Lourdes è solo un fondale, uno sfondo.
Una lama di luce, nella stazione, mostra confini e sentieri immaginari…
Il racconto comincia lì , nella sospensione di uno spazio bianco, (lì dove la fotografia mostra la sua arte: la sospensione).
L’immagine non ha necessità di elargire certezze di fede, vive nel regno del bilico.
E nella visibilità obbligatoria dell’evidenza, rimanda a ciò che c’era prima, a un istante nascosto o invisibile da ricucire ai dettagli che emergono tra i corridoi dei treni, dinanzi alla grotta, nelle mani congiunte, nei margini risparmiati dal buio, negli occhi che guardano da vicino altri occhi opachi, nei riflessi dei raggi di una ruota.
Nessuna lacerazione, viene quindi negata. Ma lì dove c’era la resistenza dei giorni comuni e la condizione che inchioda a se stessi, si ha anche la sensazione dell’abbandono, di una inspiegabile ricerca di una appartenenza, di un desiderio di riconnettersi ad un Mistero rispetto a cui si percepisce una contiguità.
Tracce di un sentimento, forse di un presentimento.
Lo sfondo costante, finisce gradualmente per diventare luogo privilegiato del riconoscersi, non Oltre, ma già dentro la vita.
Giovanni D’Angelo